Banche e quote di genere
Le donne capaci e preparate raramente hanno avuto bisogno, nella storia, di leggi o di norme secondarie per essere elette nei consigli di amministrazioni o nei collegi sindacali delle banche, e il nostro Paese presenta da non poco tempo delle eccellenze in tale ambito.
Come noto, l’equilibrio fra generi è molto importante sotto molteplici punti di vista (se e quando un board lavora seriamente). Grazie al contributo del genere meno rappresentato (nel settore finanziario tipicamente quello femminile) il board non necessariamente lavora meglio, ma certamente lavora in modo diverso.
Se gli esponenti aziendali lavorano perseguendo unicamente l’interesse dell’intermediario nel quale essi rivestono una carica apicale, e quindi se si riescono ad azzerare i conflitti di interesse, la performance è in genere assicurata. Ma sotto il profilo cognitivo, uomini e donne hanno abilità e sensibilità distinte e complementari, che vanno ben conosciute e sapute sfruttare, soprattutto in momenti di radicale cambiamento come quelli attuali: per questo un board dotato di un adeguato bilanciamento fra generi generalmente lavora in modo diverso, più equilibrato ed a più ampio spettro.
Le nuove disposizioni relative al Governo Societario recentemente rilasciate dalla Banca d’Italia (cfr. Titolo IV della Circolare 285), impongo con molta chiarezza il rispetto del criterio della diversità di genere. Ad esempio:
“Con particolare riguardo alla diversità di genere, fatte salve le previsioni di legge, negli organi con funzione di supervisione strategica e di controllo, il numero dei componenti del genere meno rappresentato è pari almeno al 33% dei componenti dell’organo. Gli statuti delle banche disciplinano gli aspetti rilevanti (quali, ad esempio, le modalità di sostituzione dei componenti degli organi, le modalità di formazione delle liste, la presenza tra i sindaci supplenti di componenti del genere meno rappresentato in modo da garantire il rispetto della quota di genere in caso di sostituzione, ecc.) per assicurare il rispetto nel continuo della quota di genere prevista dalla presente linea applicativa.”;
“È buona prassi che: i) nei comitati endo-consiliari, ivi inclusi i comitati diversi da quelli obbligatori ai sensi delle linee applicative previste dal paragrafo 2.3.1, almeno un componente sia del genere meno rappresentato; ii) le cariche di presidente dell’organo con funzione di supervisione strategica, presidente dell’organo con funzione di controllo, di amministratore delegato e di direttore generale non siano ricoperte da esponenti dello stesso genere; iii) nelle banche che adottano il modello monistico, la quota di genere sia rispettata anche con riguardo alla composizione del comitato per il controllo sulla gestione.”
L’adeguamento a tali modifiche è previsto non oltre il primo rinnovo integrale dell’organo, effettuato dopo il 1° gennaio 2022, e comunque entro il 30 giugno 2024.
Ma per “le banche di minori dimensioni o complessità operativa, l’adeguamento alla quota di genere è assicurato nella misura di almeno il 20% dei componenti dell’organo non oltre il primo rinnovo integrale dell’organo, effettuato dopo il 1° gennaio 2022, e comunque entro il 30 giugno 2024; per i rinnovi successivi, e comunque non oltre il 30 giugno 2027, anche a queste banche si applica la quota del 33%.”
È una notazione che solleva molti interrogativi interessanti.
Perché nelle banche di minori dimensioni il genere femminile dovrebbe avere un accesso rallentato nel tempo? Si teme che vi possano essere forse carenze di professionalità adeguate, del genere meno rappresentato, sul territorio di riferimento della banca? Oppure le enclave locali del genere più rappresentato, tipicamente quello maschile, desiderano mantenere il più a lungo possibile il controllo delle piccole banche? È invece un vero e proprio privilegio, un atto di riguardo nei confronti del mondo femminile, che viene in questo modo protetto dall’accesso a banche di piccole dimensioni, forse le più esposte a debolezze nei controlli interni? Oppure le banche di minori dimensioni, che operano sul territorio, non dovrebbero beneficiare del network di risorse e di conoscenze che vede, in genere, il mondo femminile ampiamente prevalere su quello maschile? Perché consentire queste asimmetrie di genere, il cui superamento sarebbe utile, peraltro, anche per formare una nuova generazione di donne-banchiere? Domando così, per una amica …