Banchieri macroprudenziali
Le autorità di vigilanza hanno spesso utilizzato un ampio ventaglio di strumenti macroprudenziali. Il dott. Claudio Borio, Capo del Monetary and Economic Department della Banca dei Regolamenti Internazionali, ha condensato nel quarto capitolo dell’Annual Economic Report 2018 della BRI, peraltro disponibile anche in lingua italiana tramite questo link, un’ampia ed approfondita analisi del tema: “Le misure macroprudenziali permettono di costituire delle riserve, scoraggiano la concessione di prestiti a rischio e rafforzano la resilienza del sistema finanziario. Esse possono inoltre contenere l’espansione del credito ma, nella loro attuale implementazione, l’impatto contenitivo sui boom non è sempre riuscito ad evitare la comparsa dei noti segnali di squilibri finanziari.”
Ciò che a noi interessa valutare sono gli impatti delle misure macroprudenziali sulla pianificazione strategica e sulla performance di un intermediario finanziario. Oltre ai limiti imposti della vigilanza microprudenziale, infatti, coloro che si occupano di valutazioni di banche ed altri intermediari finanziari dovrebbero tenere in debito conto il fatto che le misure macroprudenziali possono avere un impatto di assoluto rilievo sia sulla gestione che sulla performance degli intermediari vigilati. Per quanto concerne il primo aspetto, forse non si è ancora sufficientemente valorizzato il contenuto informativo degli indicatori che le autorità poste a tutela dei rischi sistemici valutano ed elaborano al fine di individuare potenziali rischi di stabilità finanziaria: sono indicatori che potrebbero essere convenientemente impiegati per valutare, internamente alla banca, il rischio di talune aree di attività e che potrebbero facilmente arricchire un buon set di indici del RAF. Dal punto di vista delle della performance è innegabile che le dozzine di interventi macroprudenziali elencati nel documento citato incidono in misura assai significativa sulla performance di una banca, un motivo in più per considerarli attivamente e per definire, a fronte della loro emersione, linee alternative di sviluppo dei ricavi.
Il documento evidenzia anche un altro aspetto molto importante: “ (…) gli assetti macroprudenziali dovrebbero essere integrati in un quadro di stabilità macrofinanziaria più olistico, inclusivo ed equilibrato. Insieme a una regolamentazione e una vigilanza finanziaria maggiormente orientate a una prospettiva microprudenziale, un quadro di questo tipo comprenderebbe anche politiche monetarie, di bilancio e strutturali. L’obiettivo finale sarebbe quello di far operare diverse politiche in parallelo per garantire la stabilità finanziaria e macroeconomica creando al contempo una crescita sostenibile sul lungo termine. Come minimo un tale quadro ridurrebbe anche il rischio che diverse politiche possano agire in direzioni opposte.” Ci vorranno anni prima che l’Unione Europea pervenga ad una tale accurata definizione delle proprie politiche, ma è innegabile che tale direzione, una volta intrapresa, rappresenterà un motivo in più per dover valutare gli impatti delle politiche macroprudenziali nella loro interezza e, sopratutto, con congruo anticipo rispetto al momento nel quale esse saranno rese attive.