Basilea 3 sarà davvero utile alle banche?
Si, ma a certe condizioni.
La prima è che il lungo periodo transitorio (2027) sia ben utilizzato da ciascun intermediario per strutturare al meglio il proprio capitale, e questo significa principalmente definire, sin da oggi, una chiara politica di autofinanziamento che sia coerente con il progressivo e costante rafforzamento patrimoniale della banca.
La seconda condizione risiede, per le banche maggiormente interessate ad una gestione attiva del rischio, nello sviluppo della capacità di ridisegnare il proprio modello di business in relazione ai seguenti, principali fattori:
- analisi della redditività prospettica di ciascun segmento di business;
- definizione delle leve del proprio pricing power in ciascun segmento;
- sviluppo di una più accurata e raffinata capacità di misurazione e gestione dei rischi per le aree che saranno coperte dai propri modelli interni;
- gestione più flessibile della base costi, finalizzata alla difesa della redditività e, quindi, dell'autofinanziamento;
- definizione di una strategia di diffusione degli approcci standard in misura funzionale alla gestione attiva del cd. output floor (i modelli interni non possono generare una domanda di capitale inferiore al 72,5% di quella misurata con l'approccio standard);
- assunzioni di decisioni di riorganizzazione aziendale basate sulla capacità di disegnare un modello di business che possa essere ben compreso a livello globale e, per tale motivo, risulti di maggiore interesse per gli investitori.
Al di la degli interessi nazionali, infatti, Basilea 3 dovrebbe essere valutato quale standard globale, capace di meglio allineare gli interessi degli investitori (che preferiscono, per definizione, i modelli standard) con quelli del management.
Il tema è stato toccato da Sabine Lautenschläger, membro dell'Executive Board della BCE e Vicepesidente del Supervisory Board della BCE, in un intervento (che ci pare molto franco e diretto) intitolato "Basilea III - sense and sensivity".