Condizioni minime per il M&A nel settore bancario
Le fusioni tra banche funzionano solamente se sono rispettate talune precondizioni, e ciò a maggior ragione in uno scenario di forte digitalizzazione delle attività bancarie e finanziarie.
Come ha ben evidenziato Andreas Dombret, ex membro dell’Executive Board della Deutsche Bundesbank, nel discorso di addio tenuto lo scorso 24 aprile presso il Center for Financial Studies - intitolato “Finding the right measure of consolidation in the banking sector” ed al quale potete accedere direttamente dal sito della Deutsche Bundesbank cliccando qui- le aggregazioni fra banche determinano creazione di valore solo se rispettano le seguenti condizioni minime (grassetto nostro):
“The first applies to any strategy, but it is particularly relevant to M&A: an M&A transaction is more likely to succeed if it is planned, purposeful, and done out of conviction rather than compulsion.
Second, M&A transactions in the banking sector need to be examined analytically in order to quantify as accurately as possible whether and to what extent economies of scale and synergy effects can indeed be harnessed. Complementary mergers in which business operations and/or regions fit together perfectly can fall flat, but they can also be blessed with success if they are based on detailed analysis upfront.
Third, they are far-sighted – that is to say, they consider which problems might arise and look at how other mergers panned out.
Fourth, they are creative – in other words, they look beyond the confines of existing business operations. In a market gripped by structural change, this calls for a great deal of creativity – imaginative solutions which think outside the limitations of the banking sector of old. Dovetailing complementary business operations, which I mentioned just now, can also be a successful approach across traditional sector boundaries.”
È evidente che le fusioni compulsive, adottate principalmente per motivi di stabilità di sistema, sguarnite di piani industriali accurati, che non possono sfruttare economie di scala e sinergie, che non tengono in debita considerazione il worst scenario dei problemi che le banche fuse hanno già in pancia e che non sono creative perché fondate unicamente sulla dimensione e sulla ottimizzazione dell’esistente non possono funzionare, né ora né mai.
Ma se ciò non bastasse, Dombret evidenzia con acutezza altri aspetti connessi al M&A in campo bancario (grassetto nostro): “…the process of designing structural change in general, and M&As in particular, cannot be linear. Instead, it must be dynamic. Whilst placing hope in scale effects, we must not forget one thing: the most important factor in the success of a market economy is its growth dynamic, which, unlike in a planned economy, is the result of many decentralised decisions by a variety of market players. This system gives rise to high levels of innovation and efficiency. By the same token, clever M&A strategies also permit and seek out creative ways to break up enterprises – by which I mean selling off certain portfolios or business units. They are not limited to one sector, they take a service-based approach, and they follow the new, digital value chain.”
Immaginare di fondere insieme due banche, adottando un percorso di riduzione delle dimensioni anziché di crescita e di sviluppo, senza compiere una scelta precisa su come riconfigurare il portafoglio di business e senza mettere al centro il cliente e la piattaforma digitale della banca significa creare campioni nazionali destinati ad una lunga agonia, senza alcuna speranza di riuscita. Le fusioni tra banche richiedono oggi molta intelligenza ed il possesso di una radicata cultura digitale. La ricerca di obiettivi dimensionali supportata da nudging e benevolenza del mondo politico sfortunatamente non sono sufficienti.