Constructive challenge
Post di Alberto Balestreri e Daniela Venanzi.
Assumere la carica di membro del consiglio di amministrazione o del collegio sindacale di una banca (o di un qualsiasi intermediario finanziario) significa, oggi più che mai, assumere un incarico molto impegnativo, tecnicamente difficile, connotato da ampie responsabilità economiche e sociali.
Purtroppo, molti imprenditori, professionisti ed accademici affrontano la nomina con leggerezza, senza rendersi ben conto del tunnel nel quale si sono infilati e dei rischi, nonché dell’impegno di tempo ed energie mentali, che un incarico in un board di una banca richiede. Questo si traduce spesso in board di scarsa efficacia, nei quali le delibere vengono assunte a ratifica, senza un accurato controllo dei rischi e senza alcuna spinta effettiva allo sviluppo delle attività e della redditività dell’intermediario.
La Vigilanza europea insiste da molto tempo su questo tema, ma senza grandi successi, tanto che dai risultati aggregati dello SREP (Supervisory Review and Evaluation Process) 2022 della BCE emerge che nessuna delle banche significative raggiunge un punteggio di 1 (valore massimo nella scala da 1 a 4) dell’internal governance score (che valuta, tra l’altro, l’efficacia del board, anche con riferimento all’indipendenza dei suoi componenti) e che ben il 73% ha un punteggio di 3.
Frank Elderson, membro del SSM e della BCE, ha riportato nel Supervision Blog del SSM alcune osservazioni molto dirette (alle quali si può accedere cliccando qui) concernenti i problemi rilevati a seguito di una recente analisi empirica sulla governance di 20 gruppi bancari europei.
In particolare, i principali difetti comportamentali rilevati a carico degli amministratori indipendenti sono stati:
- accettazione del ruolo dominante del CEO o del Direttore Generale, che riduce la possibilità di sviluppare dibattiti efficaci e di porre al management obiettivi sfidanti;
- condivisione con i consiglieri operativi di ogni passaggio concernente i processi di controllo interno;
- gestione passiva dei processi di nomina interna, cioè mera ratifica dei nominativi di manager che sono stati prescelti dal CEO.
Elderson ha fatto presente che tali comportamenti saranno a breve sanzionati. Se i board delle banche funzionassero meglio, sarebbe certamente un grande passo avanti per la qualità dell’azione imprenditoriale delle banche in Europa. In particolare, se i membri indipendenti sapessero porre “constructive challenge” ai CEO e, più in generale, a tutto il management di una banca - e cioè sapessero “porre la domanda giusta al momento giusto, con l'intento giusto e con il tono giusto e continuare a farlo finché non si riceve una risposta soddisfacente” – la governance bancaria evolverebbe in modo virtuoso dato che gli amministratori non esecutivi diverrebbero, da un lato, partner fidati del management e, dall'altro, li saprebbero sfidare in modo costruttivo.
Il “constructive challenge” rinvia con forza alla independence of mind delle linee-guida EBA-ESMA (ultima versione: 2021) sui requisiti professionali e morali dei banchieri, dove si evidenzia che sono rilevanti gli effettivi comportamenti assunti all’interno degli organi, l’attivismo sviluppato nel controllare e valutare le decisioni proposte dai vertici esecutivi, la forza, coerenza, continuità e qualità delle argomentazioni avanzate rispetto al group-thinking.[1] Come anche, parallelamente, pone il focus sul ruolo attivo/propositivo degli amministratori indipendenti dei board. Una conferma all’attuale “modalità passiva” di esercizio della funzione, almeno per l’Italia, è il basso uso che nelle banche quotate si fa, per esempio, della figura del LID (lead independent director) e delle riunioni per soli indipendenti. Sono entrambi strumenti previsti dal Codice di Corporate Governance (CG) italiano, che potrebbero tradursi in incentivi a costruire comunanza e coordinamento di azioni/comportamenti da parte degli amministratori indipendenti, per favorire la traduzione dell’indipendenza (in base ai criteri) in indipendenza dei comportamenti: l’azione collettiva e coordinata degli indipendenti potrebbe essere infatti non solo più forte di quella individuale e quindi essere maggiormente in grado di tradursi in resistenza (adeguatamente argomentata) alla mentalità di gruppo, ma anche nello stesso tempo sfidante per i vertici esecutivi, cioè con più adeguati e validi apporti propositivi ai processi decisionali dei vertici. Uno studio recente[2] mostra per le banche italiane “campioni per la CG” in base alla classifica dell’Osservatorio Ambrosetti[3] un’adesione da “minimo sindacale”, ovvero il minimo richiesto per essere compliant con il Codice, soddisfacendo i vincoli, ma non cogliendo l’opportunità per rendere più incisivo il ruolo svolto.
È evidente che saper porre le domande giuste significa conoscere bene come funziona ed opera una banca, avere le competenze e la capacità di argomentare eventuali criticità delle decisioni proposte dai vertici esecutivi, fornendo soluzioni alternative da esplorare e proponendo un supporto concreto allo sviluppo delle attività.
È altresì importante sottolineare che quanto richiesto dalla Vigilanza è condizione necessaria, ma non sufficiente.
In tempi nei quali un ampio portafoglio di tecnologie sta contaminando ogni tipo di attività economica, un consigliere indipendente non può limitarsi ad offrire un contributo (benché attivo) in termini di controllo e gestione dei rischi. L’alleanza tra amministratori indipendenti e membri dell’organo con funzione di controllo, che si è via via formata nel tempo, è un’identità debole. Gli amministratori indipendenti dovrebbero saper sfidare il management non sui rischi che quest’ultimo ha già autonomamente assunto, ma sulle proposte di sviluppo delle attività della banca e sulle capacità del management di implementarle e saperne gestire i rischi. Il contributo degli amministratori indipendenti dovrebbe essere propositivo e incrementale, soprattutto in termini di sviluppo del business, e non dovrebbe essere un compito da retroguardia, da supervisore e da controller. Questo è ciò che ancora manca nella matrice sviluppata dal SSM per la valutazione della suitability. E fino a quando il capitolo “contributi allo sviluppo del business” non sarà in essa inserito, e cioè fino a quando gli amministratori indipendenti delle banche intenderanno il “costructive challenge” solo nell’ambito della gestione dei rischi, le possibilità di conseguire governance virtuose non saranno elevate.
[1] Balestreri A., Venanzi D., 2017. Documento di risposta alla consultazione pubblica di EBA, ESMA, Guidelines on the assessment of the suitability of members of the management body and key function holders under Directive 2013/36/EU and Directive 2014/65/EU
[2] Venanzi D., 2023. La corporate governance delle banche italiane: è tutto oro quello che luccica? Moneta e Credito, 76 (302), forthcoming
[3 ] The European House Ambrosetti, 2022. Osservatorio Corporate Governance – Diciottesima Edizione - Rapporto finale edizione 2022.