Crypto Banks?
Il dott. Panetta, membro dell’Executive Board della BCE, ha recentemente pubblicato sull’ECB Blog un intervento molto deciso – intitolato “Caveat emptor does not apply to crypto” ed al quale potete accedere cliccando qui - nel quale, tra l’altro, vengono richiamati i vari rischi connessi alla diffusione incontrollata delle crypto attività e la necessità che si pervenga, quanto prima, ad una accurata regolamentazione del settore.
Senza in alcun modo voler minimizzare i rischi e le statuizioni riportate nel post, si ha però l’impressione che il mondo crypto sia da considerare, in blocco e senza appelli, come non essenziale allo sviluppo delle attività di banche e intermediari finanziari. Viene inoltre da chiedersi se è davvero possibile che gli investitori abbiano considerato come “scommessa” ogni investimento compiuto in crypto attività o, invece, vi possano essere state altre, e forse più solide, motivazioni poste alla base delle loro scelte di investimento. Data la loro natura, è utile chiedersi se la regolamentazione delle crypto attività, che auspichiamo avvenga quanto prima ed in modo intelligente, potrà correggere le strutture di governance inadeguate, limitare le interconnessioni fra attori dell’industria e ridurre il grado di leva finanziaria che, nonostante tutto, gli attori dell’industria hanno comunque conseguito. Forse è anche utile porsi la domanda se il fatto che la separazione fra banche ed intermediari tradizionali e attori dell’industria crypto, che è stata sinora netta e rigorosa, sia da considerare come un indice di efficienza delle scelte strategiche compiute dagli incumbent o, al contrario, debba essere interpretata anche come un segnale di limitata capacità di impiegare le risorse tecnologiche proposte da alcuni attori del mercato, almeno da quelli proposti dai soggetti più seri, accreditati e preparati sotto il profilo tecnologico, a favore dello sviluppo dell’intermediazione bancaria e finanziaria, determinando, di fatto la mancanza di controlli diretti e l’aborto di molte iniziative crypto. Forse non è sempre del tutto vero che i crypto asset non garantiti da alcuna attività siano incapaci di produrre benefici sociali o economici: dipende da chi li ha emessi, da chi li governa e, soprattutto, dalle loro modalità di utilizzo in relazione, ad esempio, alle funzioni contrattuali che vengono loro attribuite. La storia, inoltre, ci insegna che molti investimenti, anche non privi di valore intrinseco, hanno azzerato i valori all’emissione od i loro prezzi di acquisto.
Ciò che colpisce nel mondo crypto è la modestia di alcuni personaggi che, loro malgrado, sono diventati attori globali, la pochezza delle motivazioni poste a base gli investimenti in crypto attività da parte di soggetti che avrebbero dovuto meglio valutare gli impatti economici e sociali di tali investimenti, la debolezza del sistema bancario e finanziario nell’utilizzare tali strumenti, opportunamente conformati e sottoposti al vaglio della Vigilanza, al fine di rafforzare il portafoglio di passività emesse e contribuire a ridurre il rischio di credito grazie ad una differente conformazione dei rapporti con le imprese. Il caveat emptor potrebbe quindi assumere una diversa e più ampia configurazione e riguardare anche coloro che sono stati chiamati ad assumersi la responsabilità di far evolvere la value constellation di una banca o di un intermediario finanziario.