Di cosa parliamo quando parliamo di conflitti di interesse?
“There is a conflict of interest if the attainment of the interests of a member may adversely affect the interests of the supervised entity.” Questa è la definizione (grassetto nostro) accolta nella nuova versione della “Guide to fit an proper assessments” (alla quale potete accedere direttamente dal sito della BCE cliccando qui). Una definizione che avrebbe convinto anche Raymond Carver: netta, chiara, ristretta come un ottimo espresso, che riposa interamente sul fronte del potenziale danno che l’interesse dell’esponente aziendale potrebbe arrecare al perseguimento dell’interesse dell’intermediario vigilato.
Gli esponenti aziendali dei Paesi latini, in genere più creativi e meno prossimi ad una visione calvinista della vita, non faticheranno nel tentare di dimostrare, in ogni sede ed in ogni tempo, che gli interessi da loro eventualmente perseguiti (quali, ad esempio, nuovi clienti presentati alla banca, proposte di operazioni straordinarie, proposte di assunzioni di personale, richieste di promozioni di dirigenti, ristrutturazioni dei finanziamenti di gruppi in crisi nei quali essi svolgono un ruolo apicale od hanno un interesse professionale, nuovi investimenti nel capitale della banca da parte di fondi di investimento ai quali si è legati da interessi professionali, ecc..) non solo sono perfettamente allineati a quelli della banca, ma addirittura sinergici con essi.
Per fortuna la Guide, saggiamente più minimalista di Raymond Carver sul fronte delle definizioni, richiede invece che le banche significative adottino taluni presidi per fronteggiare tali conflitti di interesse.
Il primo presidio è dato dalla presenza di efficaci procedure aziendali che coprano 6 aree e 3 stadi dei conflitti di interesse.
Le 6 aree che debbono essere presidiate dalle procedure interne sono queste: “identifying, disclosing, assessing, mitigating, managing and preventing conflicts of interest”, come richiesto, peraltro, dall’articolo 88, comma 1, della CRD IV.
Gli stadi di esistenza si riferiscono ai conflitti di interesse “actual, potential (i.e. reasonably foreseeable) or perceived (i.e. by the public).”.
La presenza di conflitti di interesse, in ciascuno dei 3 stadi sopra citati, non è motivo di mancata assunzione o di non mantenimento del ruolo di esponente bancario. La Guide, infatti, evidenzia che “Having a conflict of interest does not necessarily mean that an appointee cannot be considered suitable. This will only be the case if the conflict of interest poses a material risk, and if it is not possible to prevent, adequately mitigate or manage the conflict of interest under the written policies of the supervised entity.”.
Il ruolo delle procedure di riferimento, pertanto, deve essere particolarmente solido nei punti 4, 5 e 6 (“mitigating, managing and preventing conflicts of interest“) delle 6 aree di copertura della procedura, con un ruolo preminente della vasta area “preventing”.
Inoltre il conflitto di interessi è tale solo se esso pone un rischio materiale alla banca.
Il secondo presidio concerne la (continua) fase di assessment dell’esistenza di conflitti di interesse che, come già ampiamente rilevato, rappresenta la copertura della 3^ area (“assessing”) della procedura richiesta dalla Guide. Quali passi debbono essere compiuti nel corso della fase di assessment dei conflitti di interesse?