Happiness in the work place
In quali condizioni il lavoro svolto nella propria abitazione da dipendenti e manager di banche ed intermediari finanziari può davvero rivelarsi produttivo? Quali sono le condizioni alle quali una banca deve prestare attenzione al fine di sviluppare ricavi grazie allo smart working? E quali iniziative dovrebbero essere assunte da coloro che lavorano dalla propria abitazione al fine di ampliare il loro contributo ai processi di creazione di valore di un intermediario finanziario, anziché disperdere il tempo a loro remunerato dalla banca nella preparazione - rigorosamente con la barba lunga o pietosamente struccate - di torte, tortellini, tartare e tart-tatin?
Mr. Andy Haldane, capo economista della Bank of England, ha disegnato, con la consueta brillantezza, un primo bilancio di quanto avvenuto nel corso del 2020 e lo ha sintetizzato in una interessante prolusione intitolata “Is Home Working Good For You?”, che consiglio di leggere ed alla quale potete accedere dal sito della BIS cliccando qui.
Il punto dal quale avviare le nostre riflessioni è questo: “Surveys of workers and businesses suggest increased home-working is likely to persist, albeit not on the same scale. Around a fifth of businesses say they intend using home-working as a permanent business model. Interestingly, the main reason cited is improved staff well-being. Among workers the picture is much the same, with surveys suggesting more than a quarter expect to spend more time home-working after the pandemic has abated.”.
Il benessere dei dipendenti, di per sé già un enorme guadagno, potrebbe anche tradursi in una maggiore redditività dell’intermediario non solo perché taluni costi operativi si riducono ed alcuni immobili potrebbero essere ceduti o riconfigurati, ma soprattutto perché i rapporti con la clientela potrebbero evolversi grandemente grazie al contesto che si è venuto a creare: se i clienti sono digital, oggi possiamo affermare con certezza che anche i dipendenti di banche ed intermediari finanziari sono diventati digital. Una grande ed insperata conquista. Ma come incentivare la produzione di ricavi grazie allo smart working?
Alcuni temi sui quali riflettere possono essere così riassunti:
1. non tutti hanno potuto beneficiare dello smart-working. Vi sono interi settori (ad esempio sanità, polizia, ristorazione, distribuzione commerciale, ecc.) che sono stati costretti a svolgere le proprie prestazioni professionali in condizioni maggiormente rischiose rispetto al recente passato. Cosa hanno fatto le banche e gli intermediari per rendere loro più accessibili i prodotti ed i servizi bancari e finanziari? Esistono strategie di marketing e logiche di servizio distinte in funzione dei livelli di esposizione ai rischi di pandemia, di quarantena e di lock-down di insiemi coerenti di persone o di filiere di imprese?
2. la flessibilità del lavoro può tradursi in un vantaggio competitivo per una banca od un intermediario finanziario solamente se è accompagnata da una correlata evoluzione dei controlli interni e delle procedure che, necessariamente, debbono essere differenti rispetto a quelli correntemente impiegati negli uffici fisici. La banca è riuscita a ridurre i rischi operativi grazie ad una rivisitazione dei processi di controllo interno? Si è dotata di strumenti tecnologici che permettano un più ampio colloquio con i propri dipendenti? Riesce a monitorare le relazioni sviluppate digitalmente con ciascuno dei suoi clienti e farne tesoro, come se fosse una BigTech e non una banca tradizionale? Quali nuovi prodotti e servizi possono essere immaginati per un mondo finanziario digitalizzato, oltre allo strascontato maggior utilizzo delle carte di credito? Disponiamo di prodotti e servizi di investimento che durino lo spazio di una quarantena? Come si modificano le analisi del rischio di credito in relazione all’esposizione della clientela ai rischi di pandemina e di lockdown? Quali interlocuzioni sono state intraprese con le PMI che richiedono un supporto strategico, in aggiunta alla copiosa raccolta di autodichiarazioni e firme per la concessione di prestiti garantiti dallo Stato o delle moratorie dovute ex-lege?
3. sotto quale forma i maggiori livelli di benefici e di benessere conseguiti dai dipendenti (ad esempio, il risparmio del tempo di trasferimento da e per casa) è traducibile in una maturazione permanente del rapporto di lavoro, del livello di fiducia e del concreto contributo dato dai dipendenti in ordine allo sviluppo dei processi di creazione di valore della banca o dell’intermediario? È stata colta questa opportunità, oppure si è in attesa di un rientro generalizzato, come se nulla fosse successo?
4. smartworking e tecnologia sono indissolubili, ma le tecnologie che servono per il lavoro presso un ufficio non necessariamente sono le migliori tecnologie da utilizzare a casa. Forse è possibile semplificare, ampliare e far rendere meno dipendente dal PC la nostra vita professionale? Probabilmente sono necessarie nuove figure professionali, non solo nei dipartimenti IT, per i quali la pandemia ha rappresentato un notevole impulso, ma anche in seno ai singoli uffici e dipartimenti. Sono tutti temi da affrontare se si desidera che lo smartworking permetta di ispessire la produttività di un intermediario finanziario;
5. le interlocuzioni con la clientela assumeranno una nuova configurazione, un tema delicatissimo sul quale investire risorse e tecnologie ad hoc non solo per il dovuto rispetto al GDPR, ma anche e soprattutto per mantenere con il cliente alti livelli di confidenzialità e sicurezza, indispensabili nell’industria finanziaria. Appare ingenuo pensare che tutto ciò che transitava dalla filiale possa adesso essere svolto tramite PC: ragioni culturali, anagrafiche e di sicurezza tecnologica (e.g. assenza di crittografia e di impegni specifici alla riservatezza) richiedono un rapido ripensamento delle tecnologie utilizzate. Chi arriverà primo a rassicurare il cliente circa i massimi livelli di privacy adottati e la non tracciabilità esterna delle comunicazioni con l’intermediario potrà conseguire un vantaggio competitivo non banale.