I rischi che il sistema finanziario non corre più
Tra le sorprese che il mondo ci ha recentemente offerto Zygmunt Bauman citava, nell’Ultima lezione, anche la crisi finanziaria, “l’improvviso collasso degli istituti di credito. Un collasso dell’economia basata sul credito, su un’orgia consumistica durata trent’anni. Tutti – i più anziani di voi lo rammenteranno di certo – erano convinti che si potesse spendere qualsiasi somma su cui si riuscisse a mettere le mani perché il domani sarebbe stato migliore, saremmo stati più ricchi, ci sarebbero stati più posti di lavoro interessanti e meglio retribuiti, saremmo andati avanti. Il progresso avrebbe azzerato il debito e le spese eccessive. E invece è arrivato il collasso del sistema.” Quei tempi sono irrimediabilmente andati, e la recessione che conseguirà ai recenti provvedimenti assunti a seguito della pandemia assicura alcuni altri anni difficili, nei quali il progresso dovrà confrontarsi soprattutto con un’entità dei debiti pubblici molto elevata, se posta in rapporto al prodotto. Se la Grande Crisi Finanziaria che ha preso avvio nel 2008 è stata indotta dall’eccessivo ottimismo – una interessante chiave di lettura che si affianca ad altre più direttamente legate alla cattiva condotta di banche, mercati ed agenzie di rating – è probabile che non assisteremo ad altri “collassi del sistema del credito”, sempre per citare Bauman, almeno nel breve termine. L’eccessivo ottimismo, pertanto, non pare sia più un rischio che il sistema finanziario, di per sé, corra ancora, e quasi nessuno crede più che: “il domani sarebbe stato migliore, saremmo stati più ricchi, ci sarebbero stati più posti di lavoro interessanti e meglio retribuiti, saremmo andati avanti.”. Che il disincanto impedisca le crisi ed aiuti la ripresa?