Il contesto poco favorevole
“In estrema sintesi, il potenziale di crescita risente di un contesto poco favorevole all’attività delle imprese; molte stentano a rimanere sul mercato, poche crescono. Rilevano soprattutto le inefficienze e i ritardi delle amministrazioni pubbliche e della giustizia civile, le inadeguatezze nella regolamentazione dell’entrata e dell’uscita delle imprese dal mercato, i limiti alla concorrenza e i fenomeni di illegalità, l’elevata tassazione dei fattori della produzione, l’insufficienza degli investimenti nell’innovazione, nella ricerca e nel capitale umano.
Interventi di rilievo sono stati compiuti negli scorsi anni, ma migliorare il complesso di istituzioni, regole e prassi su cui poggia l’attività economica, e che influenzano i comportamenti di lavoratori e imprese, è uno sforzo di lunga lena. Le riforme che perseguono questi obiettivi hanno effetti rilevanti sulla crescita e sull’occupazione, distribuiti però su un ampio arco di tempo. Non può essere la facilità di ottenere risultati nel breve periodo a dettare l’agenda.”
Non sono state tenere le parole che il Governatore della Banca d’Italia ha impiegato - nel capitolo delle Considerazioni Finali dedicato all’esame delle questioni strutturali dell’Italia, grassetto nostro - circa la situazione delle imprese in Italia. Bene ha fatto, inoltre, ad evidenziare con chiarezza che non esistono soluzioni facili ed astute per conseguire risultati immediati, contrariamente al convincimento di molti.
Le difficoltà di contesto sopra evidenziare si innestano, peraltro, in una struttura economica inadeguata (grassetto nostro): “La bassa crescita italiana degli ultimi venti anni è soprattutto il risultato del ristagno della produttività, a sua volta riflesso di una struttura economica frammentata in cui è elevato il peso delle imprese di dimensione contenuta, in media poco patrimonializzate e spesso poco propense a crescere. Le piccole aziende, molto più numerose che negli altri paesi avanzati, sono meno produttive in Italia non solo di quelle più grandi, ma anche delle imprese straniere di analoga dimensione.”
Le PMI, che un tempo erano campioni di flessibilità operativa e di crescita, pare che non siano più capaci di stare dietro ai tempi. È un tema sul quale riflettere con attenzione, dato che mercati globali e tecnologia impongono delle scelte che difficilmente risultano coerenti con la dimensione micro di molte nostre imprese e con il mantenimento di una capacità di investimento indispensabile per assicurarne la crescita, l’innovazione e l’adozione di nuove tecnologie.
Oltre ai cinque principali fattori di contesto sopra citati (crescita delle imprese, inefficienza delle amministrazioni pubbliche, entrata ed uscita dal mercato, concorrenza, tassazione ed investimenti), in quali altre direzioni occorrerebbe investire per mettere a frutto il potenziale di crescita? Proviamo a sintetizzarle:
- elevare la produttività delle PMI tramite la crescita dimensionale delle stesse;
- riorganizzare il tessuto produttivo, rafforzando l’impiego delle risorse nelle iniziative più produttive ed innovative;
- rafforzare il comparto delle imprese esportatrici;
- investire in attività innovative ed adottare nuove tecnologie;
- proseguire nel programma di incentivi all’innovazione adottati sin dal 2012 (“il sostegno alle start-up innovative, il credito d’imposta per la ricerca e lo sviluppo, l’iper ammortamento degli investimenti in nuove tecnologie, l’introduzione di una tassazione favorevole per i redditi derivanti dall’utilizzo di brevetti e di altre innovazioni. Gli incentivi fiscali volti a rendere più conveniente il ricorso al capitale di rischio hanno contribuito al rafforzamento patrimoniale delle imprese, accrescendone sia la capacità di assorbire perdite sia quella di finanziare i progetti innovativi e l’espansione dell’attività”);
- ridurre i tempi dei procedimenti amministrativi e dei processi civili;
- assicurare la concorrenza tra le imprese;
- investire in infrastrutture adeguate a supportare le potenzialità di crescita delle imprese;
- incentivare lo sviluppo di conoscenze e competenze da parte degli studenti e di coloro che sono già impiegati;
- migliorare il mercato del lavoro;
- ridurre il disagio sociale;
- ridurre la divaricazione territoriale tra nord e sud.
È un programma impossibile da conseguire? Non dovrebbe essere difficile, l’Italia è un Paese comunque piccolo e molto integrato e connesso. Non dovrebbe essere difficile conseguire maggiori livelli di flessibiità e rapidità, sarebbe un bene per molti, Ma serve una decisa volontà politica e, soprattutto, molta voglia di dedicare tempo al lavoro ed alla formazione. Ma la lunga estate italiana incombe ......