Il sistema bancario italiano è efficiente?
L'EBA Risk Dashboard (RD) relativo al terzo trimestre del 2017 riporta, come di consueto, molti dati ed informazioni utili per comprendere le condizioni generali del sistema bancario europeo.
L'etichetta richiede che non si facciano mai nomi di banche e, più in appendice che nel corpo del documento, di singoli Paesi. Nonostante queste pruderie - che paiono confliggere con il Terzo Pilastro di Basilea 2, 3 e 4 e con la domanda degli investitori di poter disporre di dati ed informazioni di alta qualità circa i signoli intermediari - e nonostante le valutazioni non ottimistiche che i mercati finanziari hanno elaborato sul settore bancario europeo - frutto, probabilmente, di speculazioni da parte di fondi hedge dati gli innegabili miglioramenti apportati alla performance delle banche europee sia dalle politiche di vigilanza non latine, che dalle ricapitalizzazioni apportate dagli azionisti - vi sono almeno due temi che risultano centrali per comprendere se le Banche degli Italiani hanno bisogno di un'ulteriore spendig review, o meno: il posizionamento in termini di costi operativi e quello in termini di rischiosità dell'attivo.
Per quanto concerne il cost/income ratio (il tema dei NPL richiede qualche elaborazione in più, che faremo nei prossimi giorni), da quanto riportato a pag. 16 del RD si rileva che:
- a settembre 2017 le banche europee avevano nel complesso ridotto il valore dei costi operativi di circa il 3% rispetto alla fine del 2014. Non è certo un grande risultato, se si considera che il valore assoluto del net operating profit risultava (NOP) ridottosi di circa l'1% nel medesimo arco temporale (ciò che spiega il lieve miglioramento del cost/income osservato nel periodo);
- l'incidenza dei costi sul NOP permane costantemente superiore al 60%, in linea con quanto rilevato nel corso di ciascun trimestre (eccetto i due centrali del 2015) dell'ultimo triennio;
- sono le piccole banche europee ad aver mantenuto sotto costante pressione la barra dei costi operativi, facendo registrare di gran lunga il più contenuto cost/income relativo, mentre le banche grandi, in ossequio alle economie di scala e di scopo così tanto magnificate nelle operazioni di fusioni tra banche europee, da sempre hanno conseguito le performance più pesanti (oltre 6 p.p. in più rispetto al cost/income delle piccole);
- la media pronderata per la dimensione aziendale del cost/income relativa ai primi tre trimestri del 2016 è migliore di quella conseguita nei trimestri del 2016, ma decisamente meno brillante rispetto alle performance conseguite nel 2015;
- a settembre 2017 le banche italiane hanno conseguito un cost/income inferiore al dato medio europeo (che è il 61,8%) ed a quello delle banche appartenenti ai principali Paesi dell'Unione Europea, eccetto la Spagna.
La risposta alla domanda iniziale, pertanto, è che in un quadro europeo di miglioramento dei valori trimestrali del cost/income rispetto a qualli conseguiti nel 2016, ma di sostanziale stabilità se non di peggioramento rispetto a quanto conseguito nel corso del 2015, le banche italiane dimostrano un posizionamento in termini di cost/income inferiore alla media europea e ben al di sotto dei valori di tale indice composito conseguiti dalle banche tedesche e francesi. Ma le banche spagnole, che sotto il profilo del rischio hanno qualcosa che le accomuna alle nostre, fanno molto meglio ed hanno un cost/income ormai prossimo al 50%. Forse il nostro Paese avrebbe necessità di intermediari di minori dimensioni, generalmente più snelli ed efficienti .....