Independence of mind
L’esperienza, la reputazione e la disponibilità di tempo sono tre requisiti oggettivi che ogni buon amministratore di banca deve dimostrare di possedere. Ma ve ne è un quarto, del tutto soggettivo, definito “independence of mind” e che è il requisito chiave per assicurare un contributo fattivo ed utile alla gestione di un qualsiasi intermediario finanziario.
La nuova “Guide to fit an proper assessments” da poco rilasciata dal SSM, alla quale potete accedere direttamente dal sito della BCE cliccando qui, dedica a questo requisito un intero capitolo (il 4.3) nel quale viene sinteticamente illustrato il contenuto della "independence of mind" ed analiticamente evidenziato il portafoglio dei conflitti di interesse che possono azzerarne la presenza.
Rimandiamo ad un successivo post l’analisi del contenuto dei conflitti di interesse perchè reputiamo che sia enormemente più importante focalizzare l’attenzione sul contenuto dell’"independence of mind". L’obiettivo, in buona sostanza, non è assicurare l’assenza di conflitti di interesse, ma preservare la costante presenza dell'indipendenza nella mente (ma anche nel cuore e, sopratutto, del portafoglio) di ogni esponente di banche ed intermediari finanziari.
La Guide (grassetto e sottolineature nostre) richiede che i: “Members of management bodies should be able to make their own sound, objective and independent decisions and judgments (i.e. act with independence of mind). Independence of mind can be affected by conflicts of interest.”. Gli amministratori ed i sindaci di un intermediario, pertanto, dovrebbero essere capaci sia di assumere decisioni che di definire opinioni proprie in modo solido ed accurato, oggettivo ed indipendente. È chiaro che il possesso di tale capacità deve essere dimostrato: non è sufficiente, infatti, la non sussistenza di conflitti di interesse per assicurare un contributo fattivo alla formazione delle decisioni aziendali contraddistinta da "independence of mind". La purezza e la competenza, senza azione ed assunzione di responsabilità, non serve a nessuno.
Ma concretamente in cosa si traduce tale capacità? Viene in aiuto la CRD IV che, all’art. 91, comma 8, recita (grassetto nostro): “Ciascun membro dell'organo di gestione agisce con onestà, integrità e indipendenza di spirito che gli consentano di valutare e contestare efficacemente le decisioni dell'alta dirigenza se necessario e di controllare e monitorare efficacemente le decisioni della dirigenza.” L’azione di controllo e monitoraggio, che già di per stessa deve essere condotta con "independence of mind", consegue ad un più vasto insieme di azioni e valutazioni di maggiore spessore tese, se necessario, a contestare (il termine giusto è proprio questo!) le decisioni, proposte o assunte, dall’alta dirigenza. L'"independece of mind", pertanto, deve essere spinta sino ad ogni limite utile per assicurare il successo duraturo dell'intermediario, ma non oltre: essa è uno stile di vita, non uno strumento per rafforzare il proprio ego o la propria immagine pubblica. Esperienza, reputazione e disponibilità di tempo, in conclusione, sono requisiti del tutto inutili (anzi, diventano una seria ed imperdonabile aggravante) senza "independence of mind" la quale, di per sè, rappresenta il vero nucleo della capacità di governare saggiamente un qualsiasi intermediario finanziario.