Intangibles e miopia valutativa
Le attività intangibili sono costituite da investimenti connessi a:
"(i) computing and computerised information (such as software and databases);
(ii) innovative properties and company competencies (such as scientific and non-scientific R&D, copyrights, designs and trademarks);
(iii) economic competencies (including brand equity, firm-specific human capital, networks linking people and institutions together, organisational know-how that increases efficiency, and aspects of advertising and marketing).
These are sometimes referred to as “intellectual assets”, “knowledge assets” or “intellectual capital”." (Fonte: ECB).
Le attività intangibili dovrebbero interessare le imprese operanti nel sistema finanziario, e le banche in primis, per due principali motivazioni. La prima è che esse ne possiedono in quantità elevatissima e, in non pochi casi, non lo sanno e non riescono a valorizzarle adeguatamente. La seconda è che anche molte imprese alle quali vengono prestati denari, o nelle quali le imprese finanziarie investono, possiedono quote elevate di attività intangibili che banche ed investitori non sanno valutare adeguatamente.
In economie evolute sempre più contraddistinte da cospicui investimenti in infrastrutture tecnologiche, in digitalizzazione e in sviluppo di conoscenza esplicita non pare difficile immaginare che le difficoltà di apprezzamento e valutazione sopra citate possano determinare ulteriori incapacità di allocazione dei fondi, con conseguenti crediti ed investimenti malati. Gli intangibles contano, e conteranno, sempre di più. Peccato trattarli in via residuale, come l'ultima stella di una costellazione del valore, e non, invece, la prima da prendere in attenta considerazione (e, ove possibile, da sovrapesare) in ogni serio processo di valutazione (o di autovalutazione).