Alcune riflessioni in tema di modelli di business delle banche europee
L'analisi dei dati, come noto, è un esercizio faticoso e difficile: trasformare i dati in informazioni utili (a sè stessi, ad un consiglio di amministrazione o ai propri clienti) è un processo di scoperta che richiede molto tempo, una significativa esperienza per non cadere in trappole banali ed una pignoleria fuori dal comune. In generale, questo primo fondamentale passo di ogni serio processo di gestione della conoscenza non viene considerato un esercizio nobile in un Paese "non-quantitativo", come ha osservato il prof. Cingolani recentemente, e si affida volentieri alle truppe che, spesso poco armate e scalze, producono risultati modesti, se non addirittua erronei.
L'analisi accurata dei dati, invece, è essenziale per produrre nuova conoscenza e, quindi, anche per generare nuove idee di business.
Come noto, la divisione di Banking Supervision della BCE pubblica, con cadenza trimestrale, un interessante fascicolo denominato "Supervisory Banking Statistics", corredato da una breve "Methodological note for the publication of aggregated Supervisory Banking Statistics". I link sopra evidenziati conducono direttamente alle due pubblicazioni BCE relative al terzo trimestre del 2017. Le peculiari disaggregazioni dei dati presentate consentono di sviluppare talune analisi interessanti non solo per la Vigilanza europea, ma anche per coloro che si occupano di modelli di business delle banche presenti in Europa.
Con riguardo al ROE ed al cost-to-income, ad esempio, si rileva quanto segue:
- il ROE medio europeo al 30 settembre 2017 risultava pari al 7,03%, in linea con quanto conseguito al termine degli altri due trimestri del 2017, ma in netto aumento rispetto al dato di fine 2016 (3,22%). La posizione delle banche italiane risultava migliore, con un ROE medio pari, al 30 settembre 2017, al 10,07%;
- il cost-to-income medio europeo al 30 settembre 2017 risultava pari al 63,19%, più o meno in linea con quanto conseguito al termine degli altri due trimestri del 2017 ma in lieve riduzione rispetto al dato di fine 2016 (65,79%). La posizione delle banche italiane risultava migliore, con un cost-to-income medio pari, al 30 settembre 2017, al 60,33%;
- le banche che riescono a produrre un margine di interesse superiore al 60% dell'operating income dimostrano di conseguire un ROE lievemente più elevato rispetto alle altre (7,15% vs. 7,00%), però con un volume di costi decisamente inferiore (cost-to-income pari al 53,68% vs.68,79%);
- le banche che sviluppano almeno il 95% delle proprie attività sul mercato domestico conseguono ROE decisamente inferiori e cost-to-income nettamente superiori rispetto a quelle che possiedono attività internazionali, siano esse concentrate nell'area SSM o a livello internazionale;
- la redditività delle banche aumenta all'aumentare della dimensione (total asset) più per la capacità di offrire servizi e/o strutturare asset redditivi (ROA) che non per l'abilità nel controllo dei costi operativi (cost-to-income) i quali, invece, non sembrano beneficiare di dimensioni più grandi;
- le banche meno rischiose hanno conseguito un ROE quasi doppio rispetto al quelle rischiose, con un cost-to-income inferiore di quasi 10 p.p. rispetto alle seconde.
Per concludere, le banche tendenzialmente grandi, con attività prevalentemente domestiche, con un margine di interesse inferiore al 60% dell'operating income e definite rischiose per gli NPL che hanno in pancia non possiedono, molto probabilmente, un modello di business qualificabile come eccellente.