Perchè il Price/Book Value della banche è importante
Un price-to-book value inferiore all’unità rappresenta, per alcuni banchieri, un piccolo cruccio. Come risolvere il problema dell’ostinata incredulità dei mercati circa la loro capacità taumaturgica di risolvere i problemi (qualsiasi problema) di una banca? Le risposte sono semplici e potete trovarle, variamente distribuite e condensate, in uno splendido articolo comparso sull’ultimo numero della BIS Quarterly Review (marzo 2018) intitolato “The ABC of bank PBRs”, scritto da Bilyana Bogdnanova, Ingo Fender e Elòd Takàts (al quale potete accedere, direttamente dal sito della BIS, cliccando qui). Le analisi, per inciso, si riferiscono a 72 gruppi bancari operanti in 14 giurisdizioni lungo un arco di tempo che si estende dal 2000 al 2016.
Quali manovre adottare, quindi, per dare sollievo agli investitori ed elevare, con fatti e non solo con suadenti parole, il P/BV di una banca? È più semplice di quanto si pensi, basta seguire le seguenti prassi operative riconosciute come valide da generazioni di investitori che, come noto, non sono per definizione degli sprovveduti:
- i NPL deprimono il PBV ratio, come noto. Inutile investire i propri denari, quindi, in una banca che non solo ne possiede in gran quantità, ma che tenta di risolvere il problema principalmente attraverso un innalzamento del loro grado di copertura. È una manovra che i mercati, chissà perché, non apprezzano. È molto meglio dimostrare loro che i NPL vengono controllati ed attivamente (e velocemente) gestiti e smaltiti. Questo piace ai mercati (e, come noto, alla Vigilanza europea);
- una porzione elevata di costi operativi (quindi non connessi alla remunerazione della provvista) non piace ai mercati, i quali si attendono invece continui, e sottolineo continui, segnali di progressiva riduzione dei costi operativi, esercizio dopo esercizio. Le manovre una tantum, ahimè, non sono sufficienti. Ridurre i costi operativi è un mantra che affascina sempre i mercati;
- un ROE elevato risulta essere un segnale di grande importanza per i mercati, soprattutto se a produrlo è una banca che ha pochi NPL e un livello dei costi operativi ritenuto accettabile;
- un pay-out elevato, e quindi un flusso di dividendi consistenti, è un altro segnale molto importante che è necessario dare, in via continuativa, ai mercati se si desidera che la valutazione delle azioni della propria banca (e, quindi, anche dei propri bonus) possa incrementarsi in modo significativo e sostenibile.
E cosa non debbono fare i banchieri per evitare, invece, che i P/BV permangano contenuti o, addirittura, diminuiscano ulteriormente? Per quanto possa apparire controintuitivo, i mercati sono insensibili alla dimensione della banca: dal punto di vista degli investitori (ma anche dei bambini delle prime elementari), non è aumentando le dimensioni che si crea valore. In secondo luogo, CET1 più contenuti, e quindi una leva alta, distruggono valore: gli investitori vogliono, invece, banche molto ben patrimonializzate, con una leva quindi che sia considerata equa e contenuta.
Il paper contiene molte altre indicazioni, variamente disseminate e nascoste, molto utili per banchieri ed investitori non-biased dalle loro promesse o dai loro convincimenti. Ne consigliamo la lettura, soprattutto a coloro che hanno investito e/o dirigono gruppi bancari contraddistinti da una elevata quota di NPL, anche se assistiti da un grado di copertura in aumento, da una stasi nella riduzione dei costi operativi (al netto delle componenti straordinarie), da un ROE molto contenuto, da una politica dei dividendi irrisoria, da una riduzione del CET1, indotta dalla first adoption degli IFRS9, e soprattutto da ambizioni di ulteriori crescite dimensionali (smile).