Quindici righe digitali
La cultura digitale si fonda, come noto, sulla continua ricerca di nuove forme di libertà e di indipendenza. La pandemia ed il distanziamento sociale, pertanto, non possono essere assunti quale base logica per un’espansione dei servizi digitali offerti dalle imprese e dalle banche: ciò rappresenterebbe un duplice errore logico in quanto, su tali fragili basi, la digitalizzazione potrebbe non risultare duratura nel tempo e, elemento ancora più importante, essa risulterebbe fondata sulla costrizione delle nostre libertà individuali.
Affinché la cultura digitale si affermi quale stile di conduzione delle imprese e delle nostre vite individuali, è prima necessario mutare, a poco a poco, la cultura con la quale si producono e si utilizzano i servizi offerti per via digitale. Quanto sopra vale, in particolare, per il settore dei servizi finanziari. Il Governatore Visco ha toccato questo tema più volte nelle Considerazioni Finali: “Anche nel settore dell’intermediazione finanziaria la crisi sanitaria e le misure di contenimento hanno reso ancora più tangibili i vantaggi delle soluzioni digitali. Non potrà che derivarne un’accelerazione degli investimenti in nuove tecnologie, che con il conseguimento delle opportune economie di scala possono essere effettuati a costi più contenuti e con maggiori benefici. Tali economie, a loro volta, facilitano il reperimento delle risorse necessarie a sostenere gli investimenti, anche attraverso l’accesso al mercato. Sono numerosi i comparti che possono beneficiare dell’innovazione tecnologica: la distribuzione dei servizi, la valutazione e il monitoraggio del merito di credito della clientela, i processi di conformità normativa. Nel settore dei pagamenti al dettaglio, tradizionale incubatore di innovazione, le opportunità offerte dalla tecnologia possono apportare concreti vantaggi ai fruitori dei servizi. L’offerta di prestiti bancari alle imprese attraverso i canali digitali, da noi ancora molto limitata, può registrare un rapido, sostanziale, progresso.” Le parole riportate contengono molti spunti ed elementi di riflessione sui quali ogni attore dell’industria finanziaria dovrebbe accuratamente riflettere.
In primo luogo, deve essere approfondito il significato dell’espressione “vantaggio delle soluzioni digitali”. Siamo certi che le soluzioni attualmente offerte delle banche producano effettivi vantaggi per l’intermediario e/o per la clientela? Ha senso digitalizzare ogni processo e poi richiedere al cliente, ad esempio, di recarsi in filiale per ritirare il PIN della carta di credito, ovviamente previo appuntamento e con la mascherina? Siamo davvero sicuri che prima di adottare ogni nuova soluzione digitale, che notoriamente richiede investimenti non banali, siano stati esplorati e sfruttati tutti i vantaggi possibili, ex-ante e non ex-post?
Una seconda area di riflessione concerne il ciclo degli investimenti in tecnologia. Il Governatore evidenzia che “Non potrà che derivarne un’accelerazione degli investimenti in nuove tecnologie, che con il conseguimento delle opportune economie di scala possono essere effettuati a costi più contenuti e con maggiori benefici. Tali economie, a loro volta, facilitano il reperimento delle risorse necessarie a sostenere gli investimenti, anche attraverso l’accesso al mercato.”. L’accelerazione degli investimenti, pertanto, dovrebbe essere correlata, in primis, al conseguimento di significative economie di scala (e, probabilmente anche in misura maggiore, di scopo).
Si osservi che tali economie di scala dovrebbero rappresentare l’architrave per effettuare investimenti digitali: i) con costi più contenuti; ii) con maggiori benefici; iii) facilitando il reperimento delle risorse necessarie; iv) consentendo di attrarre risorse dal mercato. Vengono suggeriti alcuni criteri di analisi degli investimenti digitali che possono rivelarsi assai utili per un banchiere appassionato di tecnologia. Ad esempio, gli investimenti digitali dovrebbero essere considerati un unico insieme organico di interventi, e non un puzzle multicolore. In secondo luogo, essi dovrebbero essere chiamati a dimostrare, ex-ante e non ex-post, quali e quante economie di scala (e di scopo) essi possono apportare all’intermediario finanziario e quali benefici, sotto il profilo qualitativo ed informativo, essi possono far conseguire alla clientela ed alle risorse che lavorano in banca. Un terzo passaggio concerne gli effettivi risparmi che un insieme organico di interventi, e non un insieme disarticolato di progetti, devono determinare a favore della banca, sia in termini di investimenti che di costi di esercizio, ed anche questa è una valutazione da fare ex-ante. Per ultimo, e questo passaggio merita davvero riflessioni più approfondite, resta da valutare quali connessioni possono essere istituite tra investimenti digitali e richiesta di risorse al mercato, connessioni che possono assumere una ampia varietà di conformazioni – che vanno dalle alleanze strategiche alla creazione congiunta di Fintech, dall’emissione di debito ed equity alla partecipazione a progetti multiclient – e che servono ad indurre la definizione di piani di investimenti coraggiosi, di ampia portata, con apertura al mercato.
Il Governatore, infine, elenca alcune principali aree di intervento digitale: la distribuzione dei servizi, la valutazione e il monitoraggio del merito di credito della clientela, i processi di conformità normativa, il settore dei pagamenti al dettaglio e l’offerta di prestiti bancari alle imprese attraverso i canali digitali.
In quindici righe delle Considerazioni finali vengono dischiusi molti elementi utili per serie riflessioni strategiche nelle banche. Perché non dedicare tempo a valutare con accuratezza, con creatività, con senso originale della cultura digitale e senza costrizioni ai limiti di investimento il tema dello sviluppo dei servizi digitali?