Resilienza e Risk Sharing
In un mondo iperconnesso come quello attuale la condivisione dei rischi (e delle correlate opportunità) è un fatto sostanzialmente inevitabile. Nel corso della storia i mercati bancari e finanziari lo hanno dimostrato più volte e la BCE ha finalmente deciso di approfondire ulteriormente talune riflessioni sul risk sharing.
L’ultimo numero del Bollettino Economico della BCE, infatti, riporta un interessante articolo intitolato “Risk sharing in the euro area” a firma di Jacopo Cimadomo, Sebastian Hauptmeier, Alessandra Anna Palazzo and Alexander Popov (al quale potete accedere in inglese cliccando qui o in italiano, all’interno del Bollettino Economico, qui) che è stato preceduto dalla pubblicazione di un working paper intitolato “Private and public risk sharing in the euro area”, a firma di Jacopo Cimadomo, Oana Furtuna, Massimo Giuliodor, al quale potete accedere cliccando qui e che riporta, tra l'altro, anche una sintesi grafica dei canali di risk sharing relativi ai singoli Paesi europei.
Definire una precisa strategia per condividere i rischi ("risk sharing") non è un esercizio facile, ma può risultare utile se si desidera far superare agilmente le fasi difficili della vita delle persone, delle imprese e dei singoli Stati. La condivisione dei rischi si deve affiancare, ma non sostituire, alle politiche "individuali" adottate da persone, imprese e Stati finalizzate a contrastare la riduzione degli standard di vita a fronte di shock, politiche quali, ad esempio, lo sviluppo del risparmio privato, la definizione di una rete di welfare aziendale o statale e l'assunzione equilibrata di debito. Il risk sharing, inoltre, dovrebbe attivarsi solamente a fronte di shock che possano indurre mutamenti rilevanti nel livello di consumi (o di reddito) di un individuo, un'impresa o uno Stato contribuendo, quindi, a ridurre anche in modo rilevante, l'impatto di tali shock.
Per quali vie un individuo, un’impresa o un Paese possono far fronte a shock economici, assicurandosi così il mantenimento del proprio livello di reddito e/o di consumi a fronte di una improvvisa e significativa variazione del ciclo economico che interessa il Paese di riferimento?
Vi sono strategie “interne” o domestiche, e quindi relative al singolo agente economico e/o al singolo Paese, e strategie “esterne” o internazionali. Le prime possono essere essenzialmente ricondotte all’adozione di “riforme strutturali” o alla preventiva creazione di buffer finanziari o fiscali. Le seconde, invece, sono quelle che ricadono sotto il nome di international risk sharing e sono costituite sia da meccanismi privati - quali, ad esempio, l’accesso al risparmio e/o al credito estero e la diversificazione di portafoglio attuata su mercati dei capitali distinti da quello domestico - che da meccanismi pubblici, quali ad esempio i trasferimenti fiscali interregionali. La Germania e gli Stati Uniti sono due esempi di Paesi virtuosi, nei quali il livello di risk sharing tra stati interni è stato sempre molto elevato.
Gli approfondimenti degli autori dell’articolo e del working paper conducono a due conclusioni principali, fermo rimanendo il contenuto ampio di suggerimenti sui quali ogni buon strategist ed ogni bravo risk manager bancario dovrebbero riflettere accuratamente.
La prima è che il mercato dei capitali spiega la principale porzione del risk sharing negli USA: pertanto “... efficient and integrated financial markets are a core prerequisite for efficient private risk sharing in the euro area. In this context, a true capital markets union could significantly help to diversify and reduce risk.”.
La seconda è che “... the euro area would benefit from a central fiscal stabilisation function which can support national economic stabilisers in the presence of large economic shocks and thereby make EMU more resilient. There are many ways a euro area fiscal capacity could be implemented, for example an unemployment benefit scheme or a euro area budget for investment. Each of these options has its own technical and political challenges and benefits. It will be essential, though, to maximise positive effects on the functioning of EMU while at the same time preserving incentives for sound fiscal policymaking and addressing structural weaknesses at the national level. The aim should not be to actively fine-tune national economic cycles or to equalise revenues.” Queste parole ricordano quanto sostenuto recentemente dal dott. Draghi e già commentato in un nostro precedente post (cfr. "Risk Sharing")
In buona sintesi, rafforzare la resilienza e la condivisione dei rischi richiede la ricerca attiva di un equilibrio dinamico fra la riconfigurazione interna delle attività svolte da un individuo, da una impresa o da un Paese ed una maggiore apertura all’Europa, alle opportunità che offrono i suoi molti mercati ed all'accesso a meccanismi di stabilizzazione, non solo di natira monetaria, che essa già offre e dovrà offrire in misura più ampia.