Some other banks ....
La lettura del Rapporto sulla stabilità finanziaria n. 2/2018, appena pubblicato dalla Banca d’Italia ed al quale potete accedere cliccando qui, consente di apprezzare i principali fattori di rischio e di resilienza della nostra economia e del nostro sistema finanziario che, particolarmente in questa fase di acuto stress, assumono importanza rilevante.
Tra i tanti temi trattati nel Rapporto è forse utile sottolineare le riflessioni che la Banca d’Italia ha riservato agli impatti determinati dagli stress test EBA sulle 4 banche italiane incluse in esso ed in rapporto a quelli rilevati per le altre 44 banche europee considerate (cfr. pag. 43 e seg. del Rapporto). La riduzione attesa del CET1 nello scenario avverso (in media -3,9 p.p. per le banche italiane rispetto a -4,2 p.p. per le altre banche europee) deriva principalmente dai potenziali maggiori impatti, per le banche italiane, determinati sul livello di rischio di credito derivanti dalle variabili incluse in tale scenario, mentre l’impatto medio su alcune figure del conto economico risulterebbe meno intenso rispetto a quelli (medi) delle altre banche europee.
Come rilevato dalla Banca d’Italia: “Le quattro banche italiane sono più esposte alle perdite da rischio di credito, dato il loro orientamento verso la tradizionale attività di intermediazione; la riduzione dei tassi di deterioramento del credito e la diminuzione dello stock di prestiti deteriorati (non performing loans, NPL) degli ultimi anni hanno tuttavia attenuato l’impatto prodotto dallo scenario avverso.
L’incremento del tasso di copertura degli NPL osservato in occasione della prima applicazione dell’IFRS 9 ha inoltre consentito di creare riserve utilizzate per assorbire le perdite da rischio di credito previste nell’orizzonte temporale della prova di stress.
Le perdite sugli strumenti finanziari valutati al fair value, inclusi i titoli di Stato, e il contributo positivo dei ricavi connessi con l’attività di trading con la clientela (client revenues) sono risultati inferiori rispetto alle banche europee. La minore esposizione a tali fattori – che nella metodologia dell’EBA sono rappresentativi dei rischi di mercato in quanto potenzialmente caratterizzati da un’elevata volatilità – appare come un elemento di solidità delle banche italiane.”
Rispetto alle banche europee le due aree di maggiore sensibilità per le banche italiane sono (in media) l’elevata incidenza dei NPL, solo in parte attenuata dalla prima applicazione dell’IFRS9, e la minore reattività (positiva) del margine di interesse al verificarsi delle condizioni previste dallo scenario avverso. Tali condizioni, invece, determinerebbero a favore delle banche italiane una maggiore difesa del CET1 determinato dalla più conservativa reattività delle “commissioni nette”, degli “altri elementi di conto economico” (costi operativi, dividendi da partecipazioni e altri ricavi operativi) e di una composita categoria residuale denominata “altro” (che ricomprende le imposte, il capitale e le attività ponderate per il rischio).
Tutto ciò se ragioniamo in termini di media e non consideriamo i profili individuali relativi a ciascuno dei 4 gruppi considerati negli stress test (UniCredit, Intesa Sanpaolo, UBI Banca e Banco BPM). Come ha rilevato Danièle Nouy, Presidente del Supervisory Board della BCE, nell’intervista concessa a Isabella Bufacchi pubblicata il 24 novembre 2018 dal Sole 24 Ore (alla quale potete accedere cliccando qui) “…As in several other countries, you have all kinds of banks in Italy, it is an interesting market. The situation is very diverse from bank to bank. The best performer in the 2016 European Banking Authority (EBA) stress tests was Intesa. There are also banks that have managed successful turnarounds, such as Unicredit. And some other banks still have work to do to improve their situation.”
Some other banks, what else?