Sul principio di proporzionalità
Il rispetto del principio di proporzionalità nell’ambito della normativa di vigilanza viene spesso toccato nei consigli di amministrazione di banche ed intermediari finanziari e nelle relazioni con le funzioni di controllo interno. Il tema, solo apparentemente banale, è stato recentemente oggetto di un interessante intervento del dott. Ignazio Angeloni, membro del Supervisory Board della Banca Centrale Europea, che lo ha intitolato “Another look at proportionality in banking supervision” ed al quale potete accedere, direttamente sul sito della BCE, cliccando qui.
Una equa applicazione del principio di proporzionalità risulta necessario per assicurare la sopravvivenza degli operatori di minori dimensioni, ma è altresì vero che non rispettare una soglia minima di applicazione della normativa può determinare problemi rilevanti nei processi di controllo interno degli attori di minori dimensioni i quali, pur irrilevanti sotto il profilo dei rischi sistemici, possono determinare danni assolutamente irreparabili alla loro clientela.
Quale è la fascia di operatività all’interno della quale la Vigilanza, e più in generale gli organi con funzione di controllo di banche ed intermediari finanziari, debbono sapersi muovere nella loro azione? E quali sono le speranze di sopravvivenza di banche ed intermediari di minori dimensioni, in un settore dominato da un volume crescente di norme ed obblighi verso la vigilanza?
Riguardo al primo tema il dott. Angeloni riporta la seguente interessante definizione (grassetto e sottoineatura nostri): “Proportionality means adapting nature and intensity of supervision to the specifics of the bank – its size, its risk profile, its business model – and to the particular purpose being achieved.” In buona sintesi, non è solo la dimensione che conta e le aree sottoposte ad azione di controllo contano almeno quanto le specifiche caratteristiche della singola banca (che sono ben 3 e tra le quali viene annoverata la dimensione).
Per quanto concerne la seconda questione, e cioè la speranza di sopravvivenza, è indubbio che l’avvio e la gestione di intermediari finanziari e bancari di piccole dimensioni è, sotto il profilo della Compliance, davvero un’avventura pericolosa. Cionondimeno si deve tenere presente che:
- le norme vanno comunque rispettate da tutti coloro che operano nel settore, e ciò indipendentemente dalla dimensione;
- appare troppo facile motivare l’uscita dal mercato degli operatori di minori dimensioni come effetto diretto, se non esclusivo, dei rilevanti costi dei processi di controllo interno e non, invece, quali effetti di incapacità manageriali e/o di crisi del mercato;
- la tecnologia può aiutare molto nel ridurre i costi dei processi di controllo interno e l’outsourcing degli stessi e spesso gli stessi vendor di tecnologie e servizi direttamente connessi ai processi di controllo interno applicano oneri proporzionali alla dimensione ed ai volumi di operatività della loro clientela.
Ai fini del controllo interno, pertanto, il principio di proporzionalità dovrebbe essere interpretato più come uno stimolo a dotarsi, sin dalla fase di avvio dell’operatività dell’intermediario, di tutti gli strumenti scalabili necessari per far fronte alle richieste degli organi di controllo, piuttosto che come uno schermo politico dietro al quale trincerarsi per eludere i controlli. I processi di controllo interno, infatti, creano valore sostenibile nel tempo se correttamente interpretati ed implementati.