Tre punti di forza
La Comunicazione della Commissione Europea al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo, alla BCE ed all’Eurogruppo relatva all’”Assessment of progress on structural reforms, prevention and correction of macroeconomic imbalances, and results of in-depth reviews under Regulation (EU) No 1176/2011” rilasciata lo scorso 27 febbraio dalla Commissione Europea - alla quale potete accedere direttamente dal sito della Commissione cliccando qui - riporta a pag. 22 la seguente sintesi relativa all’Italia (grassetto nostro):
“Italy is experiencing excessive imbalances.
High government debt and protracted weak productivity dynamics imply risks with cross-border relevance, in a context of still high level of non-performing loans and high unemployment.
The government debt ratio is not expected to decline in the coming years, as the weak macroeconomic outlook and the government's current fiscal plans, though less expansionary than its initial plans for 2019, will entail a deterioration of the primary surplus.
Cost competitiveness is stable, but weak productivity growth persists. This is rooted in long-standing issues with the functioning of labour, capital and product markets, compounded by weaknesses in the public administration and justice system, which drags down potential GDP growth.
The stock of non-performing loans has continued to decline significantly, but maintaining the pace of reduction of non-performing loan could prove challenging given market conditions. Higher sovereign yields compared to the levels of early 2018 are affecting banks' funding costs and capital buffers weighing on lending to the rest of the economy and on GDP growth.
Despite some progress in banks’ balance sheet repair, insolvency reforms and active labour market policies, the reform momentum broadly stalled in 2018.
The 2019 budget includes policy measures that reverse elements of previous important reforms, in particular in the area of pensions, and does not include effective measures to increase potential growth.”
Come si può rilevare dalle porzioni evidenziate in neretto, quasi un terzo del commento è dedicato al settore bancario italiano (68 parole su 220) ed il termine non-performing loans compare ben tre volte. Dal punto di vista degli intermediari finanziari, quali indicazioni possono essere tratte da queste poche parole? La prima è che bilanci senza NPL rappresentano (anche) uno strumento di mitigazione dei rischi derivanti dall’elevato debito pubblico e dalla scarsa produttività, rischi che possono avere rilevanza cross-border. La seconda è che l’ulteriore riduzione dei NPL potrebbe trovare maggiori livelli di rigidità a fronte di condizioni di mercato divenute più difficili (e questo sia con riferimento ai mercati finanziari che all’andamento di taluni settori industriali). La terza evidenzia i rischi di un appesantimento dei costi del funding e dei buffer di capitale a fronte dei più elevati spread sui titoli sovrani. Per ultimo, le riforme sostanziali che hanno interessato il sistema bancario negli anni scorsi pare si siano fermate nel corso del 2018. Che fare? Rafforzare i punti di debolezza sopra evidenziati, ma soprattutto cercare di produrre nuovi ricavi in quei settori nei quali maggiore appare essere la crescita della produttività, più ampio il ricorso ai potenziali benefici associati alle riforme del mercato del lavoro, più aperti risultano i mercati di riferimento e maggiormente attrattive, per l’industria finanziaria, possono risultare le imprese che vi operano.
Per quanto concerne il ruolo di catalizzatore di investimenti stranieri, il settore bancario dovrebbe considerare con attenzione le preziose osservazioni riportate nel grafico sopra riportato (che compare a pag. 25 della Comunicazione). Deve essere tenuto in adeguato conto il fatto che l’Italia dimostra di non possedere barriere agli investimenti solo in n. 3 aree: digital economy & telecomunicazioni, energia e trasporti. Nelle altre n. 16 aree censite dalla Commissione, l’Italia possiede barriere agli investimenti, cosa che non avviene per nessun altro Paese europeo (la Romania ne possiede n. 15, la Spagna n. 14, l’Ungheria n. 12, Cipro e la Germania n. 11). Pare logico dedurre che il Paese deve attivarsi per attrarre investimenti che siano coerenti con i suoi tre unici punti di forza e dovrebbe operare per ridurre i molteplici fattori di criticità presenti nelle altre 16 aree. Come noto, il capitalismo è più un fatto culturale che economico. Per superare le criticità, pertanto, non sono necessari solo nuovi investimenti. È fondamentale che il Paese sviluppi una nuova cultura politica, rilegga il proprio passato (e quindi il proprio futuro) in modo differente e organizzi i processi di creazione di valore su basi evolute, coerenti con l’invecchiamento della popolazione in atto e con un nuovo senso del valore delle persone, della loro cultura e della loro esperienza. In un mondo nel quale gli intangibles hanno assunto un ruolo trainante nello sviluppo delle economie, gli investimenti in beni materiali non bastano. Sono gli intangibles che contano, e niente è oggi più tangibile di essi.