Verso un approccio macroprudenziale allo sviluppo della redditività delle banche?
È vero, le banche commerciali entrano nella crisi economica generata dalla pandemia di Covid-19 ben più forti, e forse meglio governate, rispetto al 2009, quando prese avvio la Grande Crisi Finanziaria. Ma il capitale accumulato dalle banche in questi anni sarà sufficiente per far fronte alle perdite che la crisi determinerà anche a loro carico? E quando potrà ripartire un nuovo ciclo di accumulo di nuove risorse di capitale, dati gli evidenti insuccessi nell’accumulo del countercyclical capital buffer in tempi favorevoli? Sarà sufficiente, inoltre, che le banche rilascino i loro buffer di capitale e di liquidità, e cioè le riserve in eccesso delle quali dispongono, per far fronte alla domanda di credito delle economie? Per quali vie le banche potranno finalmente convincere i mercati che la loro azione è “parte della soluzione e non del problema”, come ha detto il dott. Claudio Borio, responsabile del Monetary and Economic Department della Banca dei Regolamenti Internazionali, in occasione della prolusione che ha tenuto in sede di presentazione del bilancio annuale della BRI (e che potete scaricare cliccando qui)?
Un primo tema da considerare è che le Vigilanze di tutto il mondo, sotto la guida del Comitato di Basilea, hanno repentinamente mutato alcuni degli orientamenti tenuti nel corso degli ultimi dieci anni. Sarà quindi interessante osservare, ad esempio, se e come la comunicazione finanziaria rivolta dalle banche al mercato presenterà tali mutamenti, ed il conseguente rilascio dei rispettivi buffer di capitale. In prospettiva, conterà ancora la vetta di capitalizzazione assoluta raggiunta dalla singola banca? Oppure sarà bene spiegare al mercato tramite quali vie questi buffer di capitale sono stati rilasciati al fine di difendere, se non addirittura di dare forza, alle prospettive di business della banca?
Un secondo aspetto da tenere in debita considerazione concerne gli impatti determinati dal passaggio dalla vigilanza microprudenziale a quella macroprudenziale. Come evidenza il dott. Borio: “A key idea in this specific context is the fallacy of composition. It may be rational and indeed compelling for each institution to retrench and cut lending as the outlook deteriorates. But if all institutions do so, they may actually end up worse off because of the spillbacks from the real economy. This is yet another instance of the excessive “procyclicality” of the financial system.”.
Questo significa che mai come oggi le banche dovrebbero adottare un approccio allo sviluppo degli affari “macroprudenziale”, strutturato cioè in modo da produrre ampie esternalità e determinare elevati benefici al sistema economico e finanziario. Il mercato richiede, forse ancora implicitamente, un maggior coordinamento, e su più fronti, delle azioni condotte dalle singole banche commerciali con la loro clientela. Come è possibile immaginare che un intero tessuto industriale possa essere riconfigurato senza un coordinamento attivo degli attori che danno supporto finanziario a tale tessuto? Quali nuove opportunità di sviluppo dei margini, e/o di riduzione dei rischi, possono essere amplificati da interventi coordinati del sistema bancario su intere filiere, territori o comunità di interessi? E quale parte del valore di mercato di una banca sarà determinato dalle proprie dimostrate capacità di saper organizzare la creazione di valore in tali filiere, su determinati territori o all’interno di intere comunità? Quanto parte del valore di mercato di una banca sarà determinato dagli accordi e dalle alleanze strategiche con altri attori dell’industria che essa sarà capace di generare, nel pieno rispetto delle leggi di mercato, di quelle antitrust e della privacy? Siamo forse all’inizio di un decennio che sarà contraddistinto da un approccio macroprudenziale, da parte delle banche, allo sviluppo della redditività del loro capitale?